Masseria Pavone (Martina Franca)

Via Madonna dell’Arco 180
GPS 40.721818, 17.3367783

A spasso con Giovanni
Note storiche a cura di Giovanni Liuzzi

La secolare Masseria Maggi (oggi detta Pavone dall’attuale proprietario) è sita nel cuore della Valle d’Idria o d’Itria su una modesta altura di 369 metri sul livello del mare, così definita nelle diverse edizioni della Carta d’Italia dell’Istituto Geografico Militare (foglio 190 – Martina Franca II, rilievo del 1874, scala 1:100.000; idem, rilievo rivisto nel 1914, scala 1: 50.000; foglio n°190
Martina Franca II SE rilievo del 1948, scala 1: 25.000; foglio 1475 – Martina Franca, rilievo del 1979, scala 1: 50.000).

Questo podere, posseduto per almeno tre secoli dalla famiglia Maggi, nei vecchi catasti locali era esteso in origine 8 tomoli in località La Foggia di Rotigliano (1753), poi nel 1822 comprendeva una superficie di 27 tomoli (pari a poco più di 23 ettari) indicata con il toponimo Madonna di Monte Serrato.

E’, infatti, sul confine destro dell’antica strada che dall’ex Convento dei Cappuccini (poi Villaggio del Fanciullo) portava a Locorotondo: nella tradizionale toponomastica giaceva fra due cappelle rurali, quella della Madonna di Monte Serrato (oggi detta la Madonna dell’Erba) e quella successiva della Madonna dell’Arco.

Come racconta il cronista Donato Antonio Filomena (1769 – 1846), in questa masseria del dottor fisico Giuseppe Maggi (1739 – 1806) si fermarono i sanfedisti provenienti da Locorotondo per sparare un colpo di cannone in direzione di Martina Franca segnalando così agli altri sanfedisti venuti da Taranto di dare inizio all’attacco alla città di Martina, dominata dai ribelli repubblicani:
era il 16 marzo 1799.

Fino a metà Ottocento la masseria rimase intestata ai fratelli Pasquale (1785 -1853), medico, e don Martino (1782 – 1847), canonico della Collegiata di San Martino, figli di Giuseppe. Martino Maggi, tra l’altro, è noto per aver pubblicato a Bari nel 1841 una Vita di San Martino vescovo di Tours.

 

L’azienda rurale è costituita da vari trulli diversamente disposti per abitazione dei coloni e per deposito dei raccolti, nonché da un grande fabbricato con il piano superiore, avente la facciata sull’antistante ampio piazzale con due locali laterali e nel mezzo una grande arcata con vano coperto dal loggiato: è l’accesso alla residenza estiva padronale, con una porticina a sinistra per entrare nella piccola cappella. Qui si gode un’ampia vista del paesaggio e della città.